Serra Yilmaz: “Porto a Bruxelles il dolore per la mia Istanbul”

  • 26 novembre, 2013

Negli anni antecedenti il colpo di stato (quello del 1980  realizzato in Turchia dal generale Kenan Evren), prima che teatro e cinema entrassero nella sua vita, Serra Yilmaz aveva fatto parte di un movimento di donne, l’IKD, un’organizzazione forte e  attiva in tutta la Turchia. «Poi quando la recitazione è entrata nella mia vita – racconta – non sono mai più stata una militante “diretta”, pur continuando a sostenere diverse iniziative, soprattutto quelle riguardanti le donne». L’attrice simbolo della terra ottomana, resa celebre dal cinema di Ozpetek, sarà una delle interpreti di “Ferite a morte” a Bruxelles, sul paco del teatro Saint-Michel, il 28 novembre. Serra ha uno sguardo severo sul presente, che lascia poco spazio all’ottimismo: la sua Turchia, dove ancora vive, è oppressa da un governo liberticida. «L’uomo è senza pietà – dice – verso tante cose. Ad esempio verso la natura: io vivo a Istanbul,  una delle città più belle al mondo e mi ritrovo con un governo che sta facendo di tutto per distruggerne la bellezza. Non solo: con l’arrivo della crisi economica si è smesso di tutelare il patrimonio, vengono chiusi i musei e tagliati i fondi alla Cultura. Questo farà aumentare il razzismo e il fascismo a tutti i livelli, perché è la cultura che ci permette di conoscerci e di buttar via i pregiudizi». Il colpo di stato del 1980, come molti degli eventi critici della politica, si è abbattuto pesantemente sulle donne turche, condizionandone le esistenze: «Da un giorno all’altro – racconta Serra Yilmaz- mi ritrovai disoccupata, e per mio marito fu lo stesso. Avevamo una figlia di un anno appena. Sono stati tempi molto duri,  per l’incertezza del domani, per la sicurezza personale, per il non sapere se saremmo stati arrestati oppure no, per il grande  disagio economico: quell’evento ha tormentato la mia vita e la mia famiglia, e ai suoi effetti devo la fine del mio matrimonio». «La Turchia – prosegue – è un Paese che attraversa un periodo politico molto difficile: un collega attore è appena stato arrestato assieme a quattordici altri giovani perché sospettati di fare parte di una rete di hackers. Ieri era la “giornata degli insegnanti”: il giorno prima i maestri e le maestre hanno voluto fare una manifestazione ad Ankara e la polizia è intervenuta in maniera durissima. Qui ogni manifestazione viene percepita come una minaccia per la sicurezza dello Stato». Anche i cortei delle donne subiscono un analogo trattamento: nel 2005 perfino le organizzazioni internazionali si ribellarono alla violenta repressione che i militari turchi  misero in atto contro un corteo di 100 donne mobilitate nel giorno dell’8 marzo. «In questo momento in Turchia il governo vuole farci fare dei passi indietro nel cammino della rivendicazione dei diritti delle donne». E nonostante la Convenzione sovranazionale sulla violenza contro le donne sia stata firmata proprio a Istanbul e ne porti il nome, Serra Yilmaz non riesce ad essere fiduciosa. Al massimo, dice, «nell’ondata di pessimismo in cui mi trovo, per fortuna ogni tanto vedo dei lampi che mi fanno per qualche momento tornare il sorriso». «Le donne hanno ancora tanto da conquistare: siamo la più grande minoranza al mondo. Dobbiamo lottare sempre, continuamente: per il diritto all’istruzione, per la libertà d’espressione, per la libertà del corpo, per la non violenza. E questo è uguale dappertutto, in Italia come in Turchia come in ogni altra parte del mondo». Nella valigia che  sta preparando per volare a Bruxelles e dar voce ai monologhi di Ferite a morte, Serra mette un auspicio: «Spero che quello che abbiamo davanti sia un anno in cui alle donne sia data la possibilità di proteggersi dalla violenza. C’è una frase che ho visto su twitter un’ora fa: un bambino ha disegnato il babbo senza bocca e senza braccia. Come mai?, gli chiede la maestra. E lui risponde: così non sgriderà la mamma e non la picchierà».

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