Ferite a morte: “Un contributo importante e una prova letteraria affascinante”

  • 27 giugno, 2013

«Conduttrice, scrittrice e sceneggiatrice, Serena Dandini ha incarnato a lungo quella “comicità d’autore” che persiste coraggiosamente in alcune trincee della produzione televisiva di qualità, scampate alla demolizione mentale e morale dell’ultimo ventennio. Se fin dagli esordi della sua carriera in RAI Serena ha ideato e realizzato programmi radiofonici e televisivi capaci di tenere insieme humour, buon gusto e impegno culturale, con il volume “Ferite a morte” edito quest’anno da Rizzoli il tono si fa serio e l’impegno assurge a testimonianza civile»: questo è l’incipit delle motivazioni con cui sabato 29 giugno verrà consegnato il premio Fregene per la narrativa a Serena Dandini. «Testi nati come tessere di un mosaico teatrale – Fabrizio Battistelli, Ordinario di Sociologia, Direttore del Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche presso la“Sapienza” di Roma – portato nelle piazze di varie città italiane da interpreti di eccezione, attrici e non – danno vita a un libro speciale. Innanzitutto perché il prodotto è un racconto unitario pur nella polifonia delle voci e nella compresenza di almeno due stili espressivi diversi. Nella prima parte quello narrativo, che è incalzante, sorprendente, coinvolgente. Nella seconda parte (con la collaborazione di Maura Misiti) quello saggistico, che è sobrio, razionale, documentato. L’uno e l’altro, comunque, con un tratto di fondo in comune: la durezza.   Non si tratta di un espediente letterario; è l’oggetto che è irrimediabilmente duro. Qui prende corpo la seconda specificità del libro. “Ferite a morte” narra infatti le uccisioni di donne per mano di uomini. Le statistiche internazionali parlano chiaro: tra i 44.000 e i 66.000 casi all’anno, pari al 17% degli omicidi a livello mondiale, con picchi di 10 casi ogni 100.000 donne in El Salvador, Guatemala, Giamaica, Sudafrica. Per descrivere questo tragico fenomeno oggi esiste un termine: “femminicidio”. La sociologa Diana Russell – lo definisce “l’assassinio di donne ad opera di uomini, perché sono donne”. A questa categoria appartengono i delitti  “d’onore” nel Sud del mondo e i delitti “passionali” nel Nord.  Non che “Ferite a morte” ignori le differenze individuali, anzi. Raccontando le storie dell’italiana Carmela, dell’americana Maggie, della giapponese Tomoko, dell’afghana Amina, il libro è sapiente nel delineare con tocchi precisi il contesto della vicenda, la personalità del carnefice, della vittima, dei testimoni, le cose stesse – gli ingredienti di un piatto, i vestiti indossati – che danno sapore e colore alla vita. Anche il linguaggio è un aiuto prezioso quando, come nella scena italiana, lascia cadere indizi dialettali molto vivi e molto veri, che immediatamente la situano a Napoli o nella pianura padana. Ritratti ricostruiti con l’immaginazione a partire da fatti rigorosamente veri. Descrizioni di eventi inquietanti offerte con empatia e tenerezza. Addirittura con un’impercettibile ironia, plausibile in un paradiso di persone che dall’alto osservano questo nostro mondo inutilmente crudele. Un contributo importante alla consapevolezza di un’emergenza sociale misconosciuta e, insieme, una prova letteraria affascinante che non allontana ma anzi avvicina il lettore».

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